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Esperienza universitaria

Ultimamente mi capita spesso di discutere con amici e conoscenti sui problemi e le difficoltà del percorso di studi in matematica. Ad essere sincero, raccogliere da qualche parte il mio punto di vista a riguardo, è stato il motivo principale per cui ho realizzato questa pagina. La premessa è che sia i docenti che le relazioni sociali condizionano radicalmente il percorso universitario, ma non ne parlerò trattandosi di esperienze estremamente soggettive.

TL;DR Studiare matematica è intrinsecamente impegnativo. I programmi delle superiori sono ridicoli e la maggior parte dei ragazzi arriva all'università senza avere idea di quello che dovrà affrontare. Non c'è nulla di male nel cambiare facoltà o sede.

Studiare matematica

Fare matematica è una delle attività intellettuali più faticose che mi vengano in mente, in particolare la prima volta che ci si approccia ad un argomento. Estrapolare il significato di simboli e passaggi logici che si han davanti agli occhi richiede, almeno a me, uno sforzo inaudito. Spiegarlo a chi non lo ha mai sperimentato probabilmente non è semplice, ma a mio parere, lo sforzo necessario per leggere una pagina, analizzarla o tradurla non è minimamente comparabile. Completata una prima lettura, acquisire la dimestichezza necessaria per parlare della teoria o risolvere esercizi, è invece un tipo di impegno più graduale e diluito nel tempo.

Non capire a volte è frustrante. Essendo frequente un po' ci si abitua, e quantomeno essere tutti nella stessa barca favorisce la collaborazione rispetto ad altre facoltà. D'altro canto, capire qualcosa è davvero soddisfacente e permette di apprezzare la bellezza degli argomenti che si sono studiati. Per me, al momento, è più che sufficiente a ripagare la fatica dello studio. Se in generale ne valga la pena è una scelta che dipende da ciascuno di noi.

Le superiori

Le superiori non preparano alla matematica universitaria. Anzi, ne trasmettono un'idea fuorviante allontanando da questo mondo ragazzi potenzialmente interessati. A tal proposito, ecco un estratto di "A Mathematician's Lament", un breve saggio sull'insegnamento della matematica scritto da Paul Lockhart, di cui condivido la visione.

Un musicista si sveglia da un terribile incubo, si trovava in una società dove l'educazione musicale era obbligatoria. [...] "Sarebbe certamente ridicolo aspettarsi che un bambino canti una canzone o suoni uno strumento senza una completa padronanza della teoria e della notazione musicale." [...] L'obiettivo della scuola primaria e secondaria è quello di allenare gli studenti all'utilizzo di questo linguaggio, seguendo un insieme di regole fissate. Alle scuole superiori la pressione aumenta, dopotutto gli studenti si devono preparare per la maturità e per i test di ammissione. [...] "C'è molto da imparare, ma più avanti all'università quando potranno finalmente suonare, apprezzeranno il lavoro fatto. Non tanti studenti si concentreranno sulla musica [...] ma ad ogni modo è importante che ogni membro della società sappia riconoscere una modulazione o una fuga, a prescindere dal fatto che ne sentano mai una. A dir la verità molti studenti semplicemente non sono bravi in musica, si annoiano in classe, non possiedono le capacità necessarie e i compiti sono a mala pena leggibili. Alla maggior parte di loro non può fregar di meno di quanto sia importante la musica nel mondo moderno [...]. Sarà che alcune persone sono portate per la musica e altre no." Sudando freddo, il musicista realizza che si trattava solamente di uno stupido sogno. "Ma certo!" si rassicura, "Nessuna società ridurrebbe un'arte così bella e piena di significato a qualcosa di così meccanico e triviale. Nessuna cultura potrebbe essere così crudele da privare i bambini di un mezzo di espressione umana così naturale e soddisfacente". [...] Purtroppo, il nostro attuale sistema di educazione matematica è esattamente questo tipo di incubo.

Cambiare facoltà o sede

Nel cambiare facoltà o sede non c'è nulla di male. Il primo impatto è spesso devastante: con buona probabilità bisogna ambientarsi in una città lontano da casa, conoscere nuove persone (priorità assoluta!) e capire come organizzarsi. In merito, consiglio fortemente di trasferirsi almeno qualche giorno prima dell'inizio delle lezioni perché dopo il tempo a disposizione diminuirà drasticamente. La matematica non è quello che ti aspettavi e non ti piace davvero? Non capisci la teoria, non riesci a fare gli esercizi e pensi che semplicemente non ne valga la pena? Cambiare è una scelta più che legittima!

Questa dovrebbe però essere una possibilità, non qualcosa da perseguire tramite una mentalità tossica per la quale "non sei abbastanza bravo per fare matematica". Le responsabilità di un abbandono stanno nelle superiori e nell'università o in eventuali problemi personali, praticamente mai nelle capacità di una persona.

TL; DR Se si hanno già delle solide capacità di problem solving (olimpiadi) o ci si è anticipati parte del programma universitario allora matematica in Unipi può essere sostenibile e stimolante, altrimenti non mi sento di consigliarlo.

Le lezioni

Nella mia esperienza, il primo anno andare a lezione e non capire nulla è praticamente la norma. Le lezioni sono utili solamente se si è già familiari con gli argomenti trattati, ma chi ha già una tale preparazione giustamente a lezione non viene. Se siete a vostro agio a studiare da dispense e simili, consiglio di rinunciare a prendere appunti e seguire la spiegazione da lì. Mi è sembrato più semplice afferrare il senso generale del discorso, poi man mano la situazione migliora.

I programmi

I programmi dei corsi sono molto vasti. In linea di massima sono anche un po' troppo tecnici per i miei gusti. Preferirei un approccio più anglosassone, con meno dimostrazioni ma più idee, più esempi e più esercizi. Ma soprattutto più esercizi stupidi. Gli esercizi assegnati richiedono sia di aver già capito la teoria necessaria per svolgerli, sia delle buone capacità di problem solving. Se si vogliono degli esercizi propedeutici alla comprensione della teoria bisogna utilizzare un manuale.

Gli esami

Gli scritti sono molto selettivi. La sufficienza non è mai regalata e per ottenerla non basta aver studiato la teoria. Preparando un orale non è mai chiaro quali siano le cose davvero rilevanti nel corso. A volte perché semplicemente non viene detto, a volte perché effettivamente chiedono tutto. Il risultato è che cercando di preparare un programma enorme si trascura quello che invece ci si dovrebbe portare a casa.